RACCONTI - FRIULI VENEZIA GIULIA
La Parabola del Figliol Prodigo
Costruiamo una "Stele di Rosetta" dei dialetti italiani attraverso la «Parabola del Figliol Prodigo» nella varie "altre" lingue?
Dialetto: Friuli Venezia Giulia

La Parabola del Figliol Prodigo
Nel dialetto di Lestans nel comune di Sequals (Pordenone).

Un om al veva doi fis.
Il pi zovin al dîs al pari: Pari dami la part dal patrimoni ca mi speta.
Il pari al divît tra di Iôr la roba.
Dopo pôs dîs il fi pi zovin, cjapadas su la sôs robas, al partis par un paîs lontan e lì al à strassat dut chel c'al veva, vivint da barabba.
Quanc'al veva spindut, in chel paîs a è capitada una granda miseria e lui al si è cjatât prest sensa nuia.
Alora al è sût sor paron che lu a mandat a passòn cui pursis. Al varès mangjât encja las carobulas dai pursis, ma nissun a i las deva.
Alora al à rifletût: Duciu chei ch'a lavorin in cjasa cun gno pari e an pan avonda e io invessi a patìs la fan. Mi jevarai e i sarai da gno pari e i disarai: Pari io i ai pecjât cun-tra Diu e cunrta di te, no pos pi clamamì ciò fi. Tratimi come un dai ciei garsôns.
Al partis e al si invia da siô pari. Il pari a lu ti viodût da lontan e ingropât al i je lât incuntri e lu à bussât, dopo al dîs ai servidors: Prest, puartait uchì il vistit pi biel e vistilu, i metîs l'anel taI dêt e i sandui tai peis.
Copait il vigjel pi gras e fasin fiesta parcè che gno fi, c'al era muart, al è tornât a vivi, al era pierdût e al è tornât a cjatà.
E an tacât a fâ fiesta.
Il fi pi veciu al era tai cjamps.
Tornant a cjasa, al à sintut la musica e il baI; al à clamât un fa-mei e ai à domandât se c'al era sussedût. Il famei ai à rispundût: al è tornat cjo fradi e cjo pari al à fat copà il vigjel pi gras par vilu tornat a vé san e salf.
Il fi al si è rabiât e nol voleva entrà. Alora il pari al è vignût for e tu ti preât di entrà in cjasa. Ma lui al ti rispundût: io i ri servìs da tanciu agns e no ai mai di-subidit un ciò ordin e tu no tu mi as mai dat un cavret par fà fie-sta cui gnei amigos. Ma ades che chistu cjò fi c'al a strassât las tos sostansas cun las putanas, tu tu i as copat un vigjel gras.
Alora gi rispunt il pari: Tu fi, ru sos simpri cun me e dut se c'al è gno al è ancja ciò; ma coventava fa fiesta parsé che chistu ciò fradì al era muart, al è tornât a vivi, al era pierdût e al è tornât a cjatà.

Versione redatta dagli iscritti al corso di «Lingua e letteratura Friulana».



Traduzione in italiano

La Parabola del Figliol Prodigo
Un uomo aveva due figli.
Il più giovane disse al padre: "Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta".
E il padre divise tra loro le sostanze.
Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto.
Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno.
Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava.
Allora rientrò in se stesso e disse: "Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni".
Partì e si incamminò verso suo padre.
Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.
Il figlio gli disse: "Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio".
Ma il padre disse ai servi: "Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato".
E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi.
Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò.
Il servo gli rispose: "E' tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo".
Egli si arrabbiò, e non voleva entrare.
Il padre allora uscì a pregarlo.
Ma lui rispose a suo padre: "Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso".
Gli rispose il padre: "Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato".

Racconto inviato da: Gianfranco Ellero