PROVERBI CAMPANIA
Lista proverbi mandati dagli utenti di Dialettando.com
Male e bbene a fina vene.
Sia il male che il bene finiscono.
Campania
Sia il male che il bene finiscono.
Campania
Nè ffiglie, nè fettiglie.
Né figli, né preoccupazioni. Icastica, un po’ desueta espressione partenopea che un tempo fu usata a mo’ di consolazione nei riguardi di chi si dolesse, lamentandosi, di non aver avuto figli che onorassero il suo matrimonio; a costui, con l’espressione in epigrafe consolatoriamente gli si prospettava che sí era vero ed innegabile che non avesse procreato figli, ma ciò non gli doveva esser di dolenza in quanto la mancanza di figli era bilanciata dalla mancanza di preoccupazioni, noie, fastidi, cose tutte che non mancano a chi abbia generato dei figli. ffiglie (figlie)= figli sost. masch. plur. di figlio che è dal lat.: filiu(m); la voce a margine che di solito è scritta con la f scempia non è da confondersi con l’omografa ffiglie= figlie sost. femm. plur. di figlia che è dal lat.: filia(m); da notare come la voce ffiglie dell’epigrafe à la geminazione iniziale della f in quanto segue la voc. è di nè, ma di per sé il plurale maschile di figlio anche se preceduto dall’articolo ‘e è figlie (‘e figlie= i figli di sesso maschile o in genere tutta la figliolanza maschile e femminile ); per il plurale femminile di figlia si à sempre ‘e ffiglie= le figlie(di sesso femminile) con la tipica geminazione iniziale della f atta a distinguere il femminile dal maschile; 'e ffettiglie sono (con derivazione per contaminazione del sost. fictilia con il verbo figere) - le noie, i fastidi, 'e 'mpicce, molestie ed angosce che posson procurare i figli ; per cui chi non à figli, non à fettiglie, non à cioè molestie od angosce, noie, fastidi.
Inviato da: Raffaele Bracale - Napoli
Campania
Né figli, né preoccupazioni. Icastica, un po’ desueta espressione partenopea che un tempo fu usata a mo’ di consolazione nei riguardi di chi si dolesse, lamentandosi, di non aver avuto figli che onorassero il suo matrimonio; a costui, con l’espressione in epigrafe consolatoriamente gli si prospettava che sí era vero ed innegabile che non avesse procreato figli, ma ciò non gli doveva esser di dolenza in quanto la mancanza di figli era bilanciata dalla mancanza di preoccupazioni, noie, fastidi, cose tutte che non mancano a chi abbia generato dei figli. ffiglie (figlie)= figli sost. masch. plur. di figlio che è dal lat.: filiu(m); la voce a margine che di solito è scritta con la f scempia non è da confondersi con l’omografa ffiglie= figlie sost. femm. plur. di figlia che è dal lat.: filia(m); da notare come la voce ffiglie dell’epigrafe à la geminazione iniziale della f in quanto segue la voc. è di nè, ma di per sé il plurale maschile di figlio anche se preceduto dall’articolo ‘e è figlie (‘e figlie= i figli di sesso maschile o in genere tutta la figliolanza maschile e femminile ); per il plurale femminile di figlia si à sempre ‘e ffiglie= le figlie(di sesso femminile) con la tipica geminazione iniziale della f atta a distinguere il femminile dal maschile; 'e ffettiglie sono (con derivazione per contaminazione del sost. fictilia con il verbo figere) - le noie, i fastidi, 'e 'mpicce, molestie ed angosce che posson procurare i figli ; per cui chi non à figli, non à fettiglie, non à cioè molestie od angosce, noie, fastidi.
Inviato da: Raffaele Bracale - Napoli
Campania
Fà 'o paro e 'o sparo...
Fà 'o paro e 'o sparo... Ad litteram: fare a pari e dispari; id est:tentennare, non prendere decisioni, essere eternamente indecisi ed affidar tutto, per non assumer responsabilità, all'alea della sorte.
Inviato da: Raffaele Bracale - Napoli
Campania
Fà 'o paro e 'o sparo... Ad litteram: fare a pari e dispari; id est:tentennare, non prendere decisioni, essere eternamente indecisi ed affidar tutto, per non assumer responsabilità, all'alea della sorte.
Inviato da: Raffaele Bracale - Napoli
Campania
Lassate 'e penziere miéje e pigliateve 'e vuoste!
Lassate 'e penziere miéje e pigliateve 'e vuoste! Ad litteram: Lasciate stare i miei problemi e prendetevi i vostri! Id est: Impicciatevi dei fatti vostri ed evitate di darmi consigli (non richiesti)!
Inviato da: Raffaele Bracale - Napoli
Campania
Lassate 'e penziere miéje e pigliateve 'e vuoste! Ad litteram: Lasciate stare i miei problemi e prendetevi i vostri! Id est: Impicciatevi dei fatti vostri ed evitate di darmi consigli (non richiesti)!
Inviato da: Raffaele Bracale - Napoli
Campania
E' fernuta 'a zezzenella*!
E' fernuta 'a zezzenella*! Ad litteram: E' finita(id est:si è svuotata)la piccola mammella. Sorta di ammonimento che vuol significare: è terminata la pacchia,si appresano tempi difficili, oppure - con diversa valenza -(ragazzo!,) la mammella è ormai vuota, è tempo di crescere! *zezzenella = altra forma di zezzella e cioè di piccola zizza (mammella dal lat.: titta(m).
Inviato da: Raffaele Bracale - Napoli
Campania
E' fernuta 'a zezzenella*! Ad litteram: E' finita(id est:si è svuotata)la piccola mammella. Sorta di ammonimento che vuol significare: è terminata la pacchia,si appresano tempi difficili, oppure - con diversa valenza -(ragazzo!,) la mammella è ormai vuota, è tempo di crescere! *zezzenella = altra forma di zezzella e cioè di piccola zizza (mammella dal lat.: titta(m).
Inviato da: Raffaele Bracale - Napoli
Campania
Fà ascì ‘e ssòvere ‘a culo.
Fà ascì ‘e ssòvere ‘a culo. Letteralmente: fare uscire le sorbe dal culo; id est: percuotere qualcuno, torchiandolo fino allo spasimo, quasi strizzandolo fino a che non dica o confessi ciò che sa o abbia fatto, costringendolo iperbolicamente ad emettere le emorroidi (eufemisticamente dettesovere che sono i frutti del sorbo, dal lat.: sorbere in quanto frutti succosi e maturi, quasi da suggere.)
Inviato da: Raffaele Bracale - Napoli
Campania
Fà ascì ‘e ssòvere ‘a culo. Letteralmente: fare uscire le sorbe dal culo; id est: percuotere qualcuno, torchiandolo fino allo spasimo, quasi strizzandolo fino a che non dica o confessi ciò che sa o abbia fatto, costringendolo iperbolicamente ad emettere le emorroidi (eufemisticamente dettesovere che sono i frutti del sorbo, dal lat.: sorbere in quanto frutti succosi e maturi, quasi da suggere.)
Inviato da: Raffaele Bracale - Napoli
Campania
Fà carne 'e puorco...
Fà carne 'e puorco... Ad litteram: far carne di porco; id est:trarre il massimo del profitto, lucrare oltre il lecito o consentito, come chi si servisse della carne di maiale del quale, è noto, non si butta via nulla...
Inviato da: Raffaele Bracale - Napoli
Campania
Fà carne 'e puorco... Ad litteram: far carne di porco; id est:trarre il massimo del profitto, lucrare oltre il lecito o consentito, come chi si servisse della carne di maiale del quale, è noto, non si butta via nulla...
Inviato da: Raffaele Bracale - Napoli
Campania
Ll’ommo ca fatica è ‘a ruvina d’’a casa!
L’uomo che lavora è la ruvina della casa! Iperbolico e paradossale proverbio napoletano che per essere apprezzato in tutta la sua valenza necessita di essere letto sottintendendo l’avverbio assaje (molto, eccessivamente) diventando: Ll’ommo ca fatica assaje è ‘a ruvina d’’a casa! che ad litteram suona: L’ uomo che lavora molto, eccessivamente è la rovina della (propria) casa. Il proverbio, va da sé, non intende (per tutelare la saldezza della casa) demandare alla donna il compito gravoso di lavorare, ma vuol significare che quando l’uomo eccede nel lavoro, ricavandone perciò grosso corrispettivo, sia pure involontariamente pone in pericolo la saldezza della propria casa, atteso che in una casa dove giunga eccessivo benessere, aumentano pretese e vizi dei componenti quella casa e se ne pone in pericolo la saldezza. raffaele bracale - napoli
Campania
L’uomo che lavora è la ruvina della casa! Iperbolico e paradossale proverbio napoletano che per essere apprezzato in tutta la sua valenza necessita di essere letto sottintendendo l’avverbio assaje (molto, eccessivamente) diventando: Ll’ommo ca fatica assaje è ‘a ruvina d’’a casa! che ad litteram suona: L’ uomo che lavora molto, eccessivamente è la rovina della (propria) casa. Il proverbio, va da sé, non intende (per tutelare la saldezza della casa) demandare alla donna il compito gravoso di lavorare, ma vuol significare che quando l’uomo eccede nel lavoro, ricavandone perciò grosso corrispettivo, sia pure involontariamente pone in pericolo la saldezza della propria casa, atteso che in una casa dove giunga eccessivo benessere, aumentano pretese e vizi dei componenti quella casa e se ne pone in pericolo la saldezza. raffaele bracale - napoli
Campania
A altare sgarrupato non si appicciano cannèle.
A una donna ormai anziana non so fa la corte.
Campania
A una donna ormai anziana non so fa la corte.
Campania
Chello ca se 'mpara 'a giovane nun se scorda 'a vecchio.
Quello che si impara da giovane non si scorda da vecchio.
Campania
Quello che si impara da giovane non si scorda da vecchio.
Campania